Camerun, Africa Ottobre 2012
«I primi giorni di Marzo arriverà da noi l’urna con le reliquie di don Bosco.»
«Straordinario! E un’occasione unica per noi. Mettiamo sotto la protezione di don Bosco la posa della prima pietra della nuova Chiesa parrocchiale.”
Detto, fatto. Don Bosco ci aiuterà a costruire la Chiesa Santuario per la mamma dei suoi salesiani:
Maria Ausiliatrice.

Ti abbiamo tanto atteso, don Bosco, grazie di essere là, sei a casa tua.
Con la prima pietra cominciano i lavori si pulisce il terreno, le fondazioni delineano il disegno della Chiesa, si innalzano le prime colonne.
Che gioia vederla crescere.
All’entusiasmo segue l’amarezza di dover constatare che bisogna interrompere i lavori: non abbiamo più soldi. Era nei calcoli, ben previsibile, ma si spera sempre…
Ora la Chiesa è là con le sue fondazioni promettenti, ma non ci sono più gli operai. Solo silenzio.
La gente ne parla con fierezza, come se fosse già realizzata: “La nostra Chiesa, coraggio, padre.”
Siamo a Mimboman, quartiere periferico di Yaoundé, la capitale del Camerun. Un quartiere ancora tutto da inventare con un piano regolatore sommario e incerto. Case che sorgono dove si può’ acquistare un piccolo terreno e che ospitano più di 20.000 persone. Giovani, tanti giovani.
Qui e là qualche grande villa incompiuta, ma la maggior parte sono case per gente semplice. Vi abitano famiglie numerose col problema di inventare il lavoro ogni giorno per mandare i figli a scuola e non andare a letto con la fame.
In città si compra tutto, non c’è la terra da coltivare per avere un po’ di cibo.
E’ 16 anni che la parrocchia esiste, ma non abbiamo chiesa. Ci riunisce un grande salone che appartiene ai salesiani, ma la gente non ha chiesa.
«Ma come? Con tutti i problemi che ci sono, dalla mancanza di lavoro, alla povertà, ai ragazzi senza famiglia, le malattie,…perché sprecare i soldi per la chiesa. Ci sono problemi più urgenti. E cosi’ tutti: associazioni, ONG,gruppi, uomini di potere, ci dicono. Lasci stare, padre. Comunque la costruzione delle chiese non rientrano nei nostri progetti.»
E noi cosa possiamo fare? La gente ce la mette tutta con grande generosità. I progetto ammonta a 350 milioni. Finora ne abbiamo raccolti e utilizzati 90. La crisi etico finanziaria europea ha allungato la sua triste ombra fino a noi. Le nostre sorgenti di sostegno si sono prosciugate.
Ma noi non desistiamo. La chiesa è importante per noi: rende visibile la presenza di Dio in mezzo a noi, segno di unità, oasi per i poveri. L’africano è per natura religioso, non si ferma all’apparenza, ma ha bisogno di segni per cogliere il mistero della vita.
Ma nel mondo globalizzato per osmosi l’incredulità penetra nei nostri cuori. La chiesa grida col suo campanile che svetta: Dio è là, non ci abbandona, vive in mezzo a noi, ci ama. Coraggio.
E’ luogo di integrazione, non ci sono divisioni culturali, etnico- tribali. E’ casa nostra, di tutti, luogo di comunione, di silenzio.
Vale la pena di sudare, soffrire per questo. Non è una costruzione qualunque, è l’anima della comunità cristiana del quartiere. Qui in Africa un uomo che si rispetti deve avere la sua casa, piccola che sia. Noi vogliamo la nostra, dedicata a Maria Ausiliatrice.
Aiutateci a fare un passo in avanti, la riconoscenza da parte di Dio sarà eterna.
Don Fernando Ricci